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Il radicale

  • Immagine del redattore: iLAB
    iLAB
  • 3 giu 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 24 giu 2020

L'analisi dei gruppi che hanno dato vita all'architettura radicale mi ha permesso di comprendere come queste opere, seppur spesso"utopiche" e "liminari" siano importanti per comprendere lo stato dell'arte del periodo storico e gli sviluppi successivi dell'architettura.

La tecnologia, la denuncia alla società, la ricerca sulla città, l'avvicinamento all'arte, la scultura, la cultura di massa, sono alcuni dei temi trattati dagli architetti di questo periodo.


Molti di questi riprendono l'influenza di Price soprattutto sulle tematiche dell'utilizzo della tecnologia, nascerà dunque l'architettura high tech, e la mobilità.



Archigram


Walking City(1964) di Ron Herron_Fonte:Frac Centre



Instant City (1968)_Fonte:Frac Centre




Instant City (1968)_Fonte:Frac Centre




Instant City (1968)_Fonte:Frac Centre




Living Pods di David Greene_Fonte:Fran Centre




Living Pods di David Greene_Fonte:Fran Centre




La Plug-in City (1964) di Peter Cook_Fonte: Frac Centre



Peter Cook, Warren Chalk, Ron Herron, Dennis Crompton, David Greene e Michael Webb, giovani architetti inglesi, pubblicano nel 1961 il primo numero di Archigram, rivista che uscirà fino al 1969 e che li connoterà come gruppo.

Il nome della rivista alludeva al metodo dell'architettura disegnata da loro proposto e alla necessità, per l’architettura, di una maniera per esprimersi più semplice e immediata (Architecture+Telegram).

La mostra Living City (1963), e gli scritti del critico Reyner Banham, furono fondamentali per la diffusione delle loro idee e per la risonanza anche internazionale del loro lavoro in cui l’architettura veniva considerata come uno dei tanti beni di consumo della società di massa: un’architettura effimera presentata attraverso immagini visionarie e ipertecnologiche per una città che rappresentava un’alternativa formalmente e concettualmente rivoluzionaria, ispirata dagli sviluppi della tecnologia e dai viaggi spaziali come dalla cultura underground e pop. LaPlug-in City (1964) di Peter Cook, laWalking City(1964) di Ron Herron, così come le cellule abitative Living Pods di David Greene o la Instant City (1968) furono progetti che, rivendicando ironicamente per l’architettura un posto all'interno della cultura dei mass media, furono decisivi per gli sviluppi del successivo dibattito architettonico, sia per le innovazioni linguistiche che per l’introduzione di concetti profondamente innovativi come quello che il progetto non necessitasse di una legittimazione pratica.




HANS HOLLEIN  (1934- 2014)



Valley City_Hans Hollain_1964_Fonte: Moma



Airircraft Carrier in the Landscape_Hans Hollain_1964_Fonte: Moma Mette in discussione con disegni e fotomontaggi gli assunti del funzionalismo in architettura

aprendo la ricerca a nuove interpretazioni del campo.

Nei disegni e modelli della mostra Hollein Pichler Architektur (Vienna 1963) propose una concezione visionaria di edifici-città mega strutturali che già mostrano la complessità e la perfezione tecnoide di molte opere future, mentre i collages e fotomontaggi Transformations (1963-64), tra cui Valley City e Airircraft Carrier in the Landscape, attraverso il linguaggio figurativo, l’ironia, gli aspetti monumentali e sacrali, il contrasto tra l’oggetto ‘trasformato’ e il suo ambiente, erano esempio delle molteplici interpretazioni che all’architettura potevano attribuirsi. Le opere di questi anni, così come il saggio Alles ist Architektur (1968) in cui Hollein esprimeva simbolicamente l’dea che l’architettura sia ovunque, possa essere espressa con il puro pensiero come con la sola tecnologia, e come essa investa e possa esprimere anche sentimenti e valori, saranno riferimento costante per la successiva ricerca in architettura.




SITE


Peeling Project (1972)



Nel 1970 James Wines, con Alison Sky, Michelle Stone e Joshua Weinstein, fonda a New York il gruppo interdisciplinare Sculpture in the Environment (SITE) che si proponeva di dissacrare i miti contemporanei della società dei consumi attraverso un processo di

‘de-architettura’, un processo cioè di de-strutturalizzazione del concetto di architettura attraverso le sue contaminazioni con le arti visive, e in particolare con la scultura.

Queste proposte, realizzate in acciaio su un terreno ‘roccioso’ sono già, concettualmente, veri e propri prototipi di architetture.

Con i SITE si dedica in seguito alla definizione concettuale e creativa dei progetti, svolgendo anche un’intensa attività di critico con scritti e saggi per riviste negli USA, in Europa e in Giappone. Il suo volume De-Architecture (1987) sarà fondamentale per ribadire e diffondere l’idea di un’architettura integrata con l’arte, la tecnologia e la natura, e al tempo stesso assimilata al suo contesto. Di questo furono esempio i progetti realizzati dai SITE per i grandi magazzini Best, tra cui Peeling Project (1972), Indeterminate Facade (1975), Best Parking Lot (1976), Inside/Outside Building (1984) in cui dei tipici ‘non-luoghi’ vengono usati per esprimere idee d’architettura, soprattutto per affermarne la possibile scomparsa in termini di linguaggio formale in favore di una migliore integrazione nel contesto.




UFO


Urboeffimeri (1968)




Gli UFO, gruppo fondato nel 1967 sull'onda della contestazione studentesca all'interno della Facoltà di Architettura di Firenze da Lapo Binazzi , Riccardo Foresi, Titti Maschietto , Carlo Bachi e Patrizia Cammeo, intende operare una spettacolarizzazione dell'architettura nel tentativo di trasformarla in evento, azione di 'guerriglia' urbana e ambientale.

Nascono così gli Urboeffimeri (1968) per la Sezione Internazionale della Triennale, le Case Anas (1970), il Giro d'Italia (1972). Parallelamente a questa attività teorico-dimostrativa, gli UFO progettano anche interni di negozi e discoteche (ristorante Sherwood a Firenze, discoteca Bamba Issa a Forte dei Marmi, 1969) in cui scenografia, allestimento effimero e arredamento finiscono per identificarsi attraverso l'uso di materiali quali la cartapesta, il poliuretano, i gonfiabili. Nel 1973 aderiscono alla 'Global Tools' nella quale continuano la loro ricerca di avanguardia, affiancando al nichilismo progettuale e alla ricerca sul linguaggio un impegno ideologico e un'attenzione particolare verso il comportamento politico e sociale.





ARCHIZOOM

Il gruppo degli Archizoom, fondato a Firenze nel 1966 da Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi ai quali si aggiunsero nel 1968  Lucia e Dario Bartolini, è tra i fondatori del 'radicale' fiorentino e una delle voci più autorevoli dell'intero movimento dell'architettura radicale.

Del dicembre 1966, a Pistoia, è la mostra Superarchitettura insieme a Superstudio, del 1968 la partecipazione alla XIV Triennale con il progetto Centro di cospirazione eclettica, del 1972 la partecipazione a Italy: the New Domestic Landscape al MOMA di New York, del 1973 la fondazione della Global Tools insieme ai principali esponenti dell'area radicale.

Gli Archizoom iniziano un' attività di ricerca nel campo dell'architettura e dell' urbanistica che culminerà con la No-stop city (1970-1972), alla quale affiancheranno numerose esperienze di design sperimentale.

Il loro lavoro di ricerca teorica sulla città, l'ambiente e la cultura di massa, ha in buona parte impostato e indirizzato molte delle tematiche del radicale.


 Archizoom_No-stop city (1970-1972)




 Archizoom_No-stop city (1970-1972)




 Archizoom_No-stop city (1970-1972)




SUPERSTUDIO




Manifesto della mostra "Superarchitettura"_1966



Monumento continuo (1971)



Fondato a Firenze nel 1966 e composto da Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Roberto Magris, Piero Frassinelli, Alessandro Magris e, dal 1970 al 1972, da Alessandro Poli, il gruppo Superstudio, ha svolto fino al 1978 attività di ricerca teorica sull'architettura. L'attività sperimentale di Superstudio inizia con la mostra Superarchitettura (1966) insieme agli Archizoom, e si svolge poi nel corso degli anni tra design, filmati divulgativi e progetti utopici.

Nel Monumento Continuo (1971), nelle Dodici Città Ideali (1971) e nelle Cinque storie del Superstudio: vita, educazione, cerimonia, amore, morte, utopia, pessimismo e ironia si integrano a una ricerca volta alla demistificazione del linguaggio e a una rifondazione teorico-filosofica dell'architettura.




Bibliografia


Utopie Radicali Archizoom, Remo Buti, 9999, Gianni Pettena, Superstudio, UFO, Zziggurat, Quodlibet, 2017


Mauro Panzera, Gianni Pettena, Radical Rules 1965-1976 , Il Ponte, Firenze,2009


Sitografia



 
 
 

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